1993

LETTERA AL DOTT. MACRI'

13 Maggio 1993. LETTERA AL DOTT. VINCENZO MACRI' (Sost. Procuratore Nazionale Antimafia)

Lo scontro con il Dott. Vincenzo Macrì sull'evidente violazione del segreto istruttorio


Dott. Macrì,

Lei nell'esercizio delle sue funzioni sta indagando al fine di accertare se  nei miei comportamenti di questi ultimi vent'anni sono riscontrabili gli estremi  del reato p.p. dall'art. 416 bis c.p.


Ho già dichiarato di nutrire la certezza e la fiducia che la Magistratura, con  serenità, obiettività e rigore procederà per il conseguimento di un unico fine:  l’accertamento della verità; conseguentemente, ho inoltre pubblicamente  dichiarato, di essere pronto anche a mettere in discussione la stessa carica di  deputato per agevolare una serena e rapida indagine.


Chiedo per questo il rispetto delle regole da parte di tutti a cominciare da  Lei dr. Macrì. 

Io non credo che Lei sia persona che si possa far condizionare,  nell'esercizio delle Sue funzioni, da pregiudizi, da risentimenti personali, o  peggio ancora si lasci prendere la mano dalla mania di protagonismo che  spesso, in questo periodo, finisce per essere funzionale a questa o quella parte  politica. 


Credo ciò sino a prova contraria ed intanto registro un episodio, a dir  poco increscioso, di cui Lei si è. reso responsabile. 

Giorno 29 maggio nella tarda mattinata, tre giornalisti della provincia  di Reggio Calabria sono a colloquio con Lei. Sono gli stessi che divulgheranno  la notizia dell'avviso di garanzia a me notificato in modo molto riservato  qualche giorno prima, offrendo particolari sulla vicenda che so per certo da Lei  forniti. Non metto in discussione in questa sede il fatto che Lei sia contravvenuto  ad un dovere di legge violando la norma sul segreto istruttorio, (saranno, da  parte mia, oggetto di riflessione e di approfondimento le ragioni e gli obiettivi  che ha inteso raggiungere con questa iniziativa) quanto invece la cinica  decisione con la quale Lei ha ritenuto di offrire notizie (riportate podall'Unita) circa un presunto piano, che qualche anno addietro, era stato  preordinato per la mia eliminazione fisica, avendo la consapevolezza degli  effetti devastanti che ciò avrebbe potuto determinare e non solo sul terreno della mia incolumità. 


La invito, quindi, ad essere più distaccato e sereno nella valutazione dei  fatti, a non rincorrere le sue "verità” (fuori di questo processo più volte  imprudentemente manifestate) a rifuggire dalla tentazione di operare pensando di  dovere costruire per sé o per altri un futuro diverso, ricordando inoltre di essere  parte di un processo che deve svolgersi all'interno del palazzo di giustizia e non sulle piazze. 


Reggio Calabria lì 31 maggio 1993


Paolo Romeo