1968

I BERRETTI VERDI

I Berretti Verdi

Berretti verdi è un film di guerra del 1968, ambientato durante la guerra in Vietnam. 

Il film fu accusato all'epoca di essere guerrafondaio e reazionario, tanto che quando nel 1968 uscì nelle sale furono organizzati da parte dei militanti di sinistra parecchi picchetti davanti ai vari cinema per impedirne la visione.

Anche al cinema Margherita di Reggio Calabria il 4 ottobre del 1968 veniva proiettato il film.

Il quotidiano locale del successivo giorno 5 ottobre titolava: “ Sul corso Garibaldi per protesta contro il film Berretti Verdi - Quattordici feriti tra le forze dell’ordine durante un tumulto di anarchici e comunisti. - I manifestanti hanno tentato di entrare nel cinema Margherita -  Un corteo, di cui facevano parte deputati ed esponenti del PCI, ha bloccato il traffico stradale – Un commando di giovani di estrema destra si è scontrato con un gruppo di protestatari. E scriveva ancora “gruppi di anarchici e di comunisti, anche non giovani, hanno inscenato una manifestazione di protesta davanti al cinema; hanno anche cercato di entrare nella sala, ma sono stati ricacciati da agenti di PS e da Carabinieri richiamati sul posto.”

Dopo gli scontri davanti al cinema Margherita si registrano feriti tra le forze dell’Ordine e giovani fermati.  Poi un corteo di manifestanti sfilava sul Corso Garibaldi dirigendosi verso Piazza Duomo. “Il corteo – scrive sempre la Gazzetta del Sud - di anarchici e comunisti – ai quali si erano aggiunti nel frattempo i dirigenti ufficiali del PCI, tra i quali i deputati Fiumanò e Girolamo Tripodi, il segretario regionale della CGIL Catanzariti, il presidente dell’Alleanza Contadini Demetrio Costantino, il consigliere comunale Antonino Malara, il segretario della federazione Tornator ed altri ancora – occupava il corso Garibaldi impedendo il transito agli autobus dell’AMA e delle autovetture.” 

Questi i fatti così come riportati dalla stampa locale.

Cosa è accaduto veramente. 

Perché si registrano gli scontri tra i manifestanti ed i giovani di destra. 

Durante la carica della polizia davanti al cinema Margherita, alcuni giovani manifestanti di sinistra, notano la presenza di giovani di destra tra cui Cesare Romano e Gabriele Squilacce, ai quali addebitano l’intervento della polizia contro di loro.

Passa circa un'ora dai fatti quando vengo raggiunto da una telefonata alla sede della federazione provinciale del MSI, dove mi trovavo per svolgere normale attività di corrispondenza epistolare con i quadri dirigenti della organizzazione giovanile. Era un nostro militante che con voce concitata mi riferiva che a Piazza Duomo erano stati aggrediti e trattenuti dai manifestanti Gabriele Squillace ed altri. 

Per tale motivo, assieme ad altro giovane, scendo dal primo piano della sede di via Palamolla e mi avvio verso il luogo della presunta aggressione. Lungo il percorso all’altezza del teatro comunale, luogo tradizionale di incontro dei giovani di destra, vedo Carlo Lo Presti ed altri giovani che mi seguono mentre ci dirigiamo alla volta di Piazza Duomo. 

Per quanto ci riguardava la contestazione al film non urtava la nostra sensibilità politica. 

Ci lasciava indifferenti. Il raggiungere Piazza Duomo era soltanto finalizzato ad accertare se quanto ci era stato riferito era rispondente al vero. Peraltro eravamo soltanto cinque persone ed era inverosimile che potessimo pensare di aggredire oltre duecento persone protette e circondate da una schieramento di agenti di Polizia. 

Ed è proprio con questo spirito che superando la sbarramento degli agenti mi avvicinai verso la folla di manifestanti la maggior parte dei quali era seduta per terra. Mentre curiosavo mi viene incontro un giovane, tale Pizzimenti, impiegato dell’Enel, con il quale manterrà negli anni successivi buoni rapporti di amicizia, il quale mi afferra dal bavero della giacca scuotendomi e indicando quale responsabile dell’intervento della Polizia al cinema Margherita dove aveva visto Cesare Romano.

Indossavo quel giorno per la prima volta un vestito color canna da zucchero che mi aveva comprato mio padre il giorno prima presso il rinomato negozio “Bagnato”.  Mi preoccupavo dell’aggressione ma ancora di più di dovere sciupare o ancor peggio strappare il vestito nuovo. Reagii comunque energicamente brandendo un bastone che avevo raccolto per terra all’angolo del Bar Messico e che tenevo sotto la giacca retto dalla cintola dei pantaloni. Si creò un putiferio. Intervenne la polizia ed in particolare il commissario Schiavone che mi bloccò incravattandomi da dietro. In questo frangente avverto una forte gomitata al naso. Schiavone mi affida a due agenti che tenendomi dalle braccia mi accompagnano a piedi nella sede della vicina questura in via dei Correttori. Lungo il tragitto avverto che qualcosa di caldo colava dal naso. Non faccio in tempo ad impedire che quel liquido mi colasse addosso ed è così che si imbratta tutto il vestito di rosso. E poi ancora mentre soffiavo per evitare che il sangue mi si riversasse addosso finisce sulle divise dei due agenti. Uno di loro lo incontrerò dopo alcuni anni, mi ricorderà l’accaduto lamentando che non erano riusciti a smacchiare le divise. 

A tarda sera mi rilasciarono e ad attendermi fuori vi erano un nutrito gruppo di giovani. 

Il mio amico Enzo con la sua bianchina verde bottiglia mi accompagnerà a casa. 

Prima di scendere dalla macchina mi tolgo da dosso pantaloni e giacca sporchi di sangue e li lascio ad Enzo perché li portasse in lavanderia l’indomani. Era necessario non farli vedere a mia madre. In punta di piedi, seminudo, senza fare rumore mi guadagnai la camera da letto senza svegliare i miei genitori.

Leggere la cronaca di quegli avvenimenti dai giornali era tutta un’altra storia.

Veniva somministrata alla pubblica opinione una versione dei fatti che conteneva i seguenti falsi messaggi:


Nessuno ha avuto interesse a smentire a mezzo stampa quella storia. Sicché nell’immaginario collettivo io apparvi e mi accreditai in modo totalmente diverso da come effettivamente ero. 

Non un pacifico dirigente giovanile che doverosamente interviene per proteggere i suoi amici e subisce, date le circostanze, lesioni personali e denunce ma, al contrario, il capo di un commando di giovani di estrema destra che piombava con manganelli sul gruppo anarchico-comunista.