1968

VALLE GIULIA

Università Roma Valle Giulia 1968

Era un pomeriggio dei primi giorni di marzo del 1968. Le organizzazioni giovanili del MSI avevano una sede operativa in alcuni vani adiacenti a quelli che ospitavano la Federazione Provinciale del MSI in un appartamento al primo piano che si affacciava sulla via principale, il Corso Garibaldi, e con accesso dalla via Palamolla di Reggio Calabria. 

Il telefono era collocato nella stanza del  Federale ed era utilizzato dai dirigenti di partito per comunicazioni esclusivamente di natura politica. 

Con voce squillante il prof. Gangemi, segretario amministrativo della federazione sempre presente in sede, mi chiama per chiedermi di rispondere al telefono.

Era Massimo Anderson che mi cercava. 

Pochi mesi prima, nel novembre del 1967,  era stato nominato Dirigente Nazionale del Raggruppamento Giovanile contestualmente alla nomina dell’esecutivo che risultava composto, oltre che da Anderson, da Pietro Cerullo (Presidente Nazioinalke della Giovane Italia), da Cesare Mantovani (Presidente Nazionale del Fuan), da Alberto Rossi (presidente dei Volontari Nazionali) e da Baldoni Romolo, Cerquetti Adriano, Laffranco Luciano, Paolo Romeo e Gennaro Ruggero.

Ci siamo intrattenuti al telefono parlando della situazione determinatasi all’Università di Roma nell’ambito della contestazione studentesca che aveva fatto registrare l'occupazione di alcune facoltà e conseguenti scontri con le forze dell’ordine. Qualche giorno prima avevano avuto luogo gli scontri di Valle Giulia ai quali avevano preso parte anche universitari del Fuan. Mi riferiva che il segretario del partito on. Arturo Michelini non condivideva la partecipazione dei giovani di destra agli scontri con le Forze dell’Ordine e che occorreva assumere iniziative politiche per una presa di distanza dalla contestazione in atto al fine di chiarire la nostra collocazione di forza antiregime ma sempre rispettosa dello Stato e quindi delle Forze dell’Ordine.

Era come se si avvertisse il tentativo delle forze di sinistra di occupare spazi politici che ci appartenevano. Si inquadrava l’evento nell’ambito di una dinamica politica interna al sistema. Non veniva percepita, in quella fase, la portata rivoluzionaria di quel movimento. Le diverse strategie delle varie anime della destra avevano un approccio diverso con il fenomeno. Le prime divergenze si determinano dopo gli scontri di Valle Giulia a cui avevano partecipato con ruolo di protagonismo i gruppi di Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie ed i giovani del Fuan Caravella Romano

Vi era l'esigenza da parte delle organizzazioni giovanili del MSI di non farsi fagocitare dalla logica antisistema di Delle Chiaie. 

Al di là della inaccettabile linea politica di scontro violento contro il regime, palesemente in contrasto  con la posizione dialogante  del MSI di Michelini, vi era la necessità di tracciare un fronte attrattore del forze giovanili missine, di collocarsi da una parte o dall’altra. 

Prevalse l’idea di organizzare un raduno dei giovani del MSI all’interno dell’Università per riconquistare il controllo della vita universitaria e contenere l’azione contestatrice che rischiava di essere dominante ed assorbente. Prevalse l’anima d’ordine e legalitaria a quella di lotta e rivoluzionaria.

 In quella conversazione si ragionò di come far convergere su Roma il maggior numero di giovani da tutta Italia per una manifestazione pacifica ma capace di ripristinare l’ordine con la sola esibizione dei muscoli.

Ci sentimmo altre volte prima del 16 marzo per ribadire che la partecipazione doveva essere pacifica e per comunicare quanti giovani partivano da Reggio Calabria.

Da quel momento avviai la selezione tra le persone disponibili a partecipare e l'organizzazione dei mezzi di trasporto. 

Ottenni un finanziamento dal prof. Gangemi per l’affitto di otto vetture presso la società “Maggiore”, mentre i partecipanti dovevano farsi carico delle spese della benzina e del vitto.

Gegi Barbera, Giuseppe Schirinzi e Franco Borruto partirono con un loro mezzo il giorno prima in quanto avevano organizzato la partecipazione alla festa della matricola di Padova.

Pietro Marrapodi, Pietro Ligato, Saraceno Franco, Latella Pasquale, Pardo Aldo, Serranò Ugo, Porpiglia Nando, Cristiano Pasquale, ed altri ancora si organizzano in gruppi sulle singole macchine locate. La Macchina guidata da Porpiglia subisce  un guasto lungo la strada sicché  egli si ferma per ripararla e riportarla a Reggio, mentre Aldo Pardo si trasferisce assieme ad altro giovane su altra vettura.

L'organizzazione della manifestazione non è delle migliori. 

Da tutte le parti i partecipanti arrivano nei pressi dell’Università ed in ordine sparso raggiungono la facoltà di giurisprudenza.

Il nostro gruppo parcheggia le macchine fuori dall'Università e ci avviamo verso la facoltà di giurisprudenza. In quel mentre una macchina con feriti a bordo e a clacson spianato si guadagna l’uscita verso l’ospedale. Si ferma qualche secondo vicino al nostro gruppo e scorgiamo dentro il nostro Gegi Barbera con il volto cosparso di sangue e nello stesso tempo giunge sconvolto Franco Borruto che ci conferma trattarsi di Gegi Barbera che era stato ferito nel corso degli scontri alla facoltà di lettere.

Tra lo smarrimento generale, ricomponiamo il gruppo e proseguiamo verso la facoltà di giurisprudenza. Lungo il percorso vediamo  un vero nutrito plotone di giovani armati di bastoni, catene e spranghe di ferro che gridavano slogan alzando in alto le loro armi per prepararsi all’attacco.

Con indifferenza, quasi curiosi osservatori, ci allontaniamo e raggiungiamo la base delle gradinate della facoltà di giurisprudenza. Ci guardiamo attorno per comprendere meglio cosa era accaduto e dove si si trovavano gli altri camerati. Notiamo molti gruppi aggirarsi  in ordine sparso, non scorgiamo una moltitudine di persone organizzate così come avevamo notato nel campo avverso.

Scorgiamo alla distanza un gruppetto del quale facevano parte Massimo Anderson, Pietro Cerullo, Alberto Rossi, Giulio Caradonna, Giorgio Almirante e pochi altri attorno a loro. E’ in questo frangente che il plotone armato, rumoroso  ed agguerrito si dirige verso le scalinate di giurisprudenza. In quel momento ognuno di noi doveva decidere cosa fare. Poteva stare distante ad osservare gli eventi o tuffarsi nella mischia per dare man forte ai tuoi. La metà del gruppo mi seguì nella corsa verso la gradinata della facoltà. Altri tentennarono e rimasero tagliati fuori.

Era urgente organizzare la difesa da una ingente massa di giovani che brandiva catene e bastoni manifestando il chiaro proposito di colpirti a morte.

Salimmo le scale della facoltà e cominciammo subito ad erigere una barricata all’ingresso trasportanto banchi, mobili e scrivanie dalle varie aule.

In quel frangente vidi Guglielmo Rositani, già Segretario Provinciale di Reggio Calabria del Raggruppamento giovanile che nel 1965 mi aveva nominato Presidente della Giovane Italia, e poi trasferitosi a Rieti per ragioni di lavoro che era venuto alla manifestazione con un gruppo di giovani. Poi scorsi Nino  che da Reggio si era iscritto alla facoltà di ingegneria di Napoli e che era venuto a Roma con un gruppo di ragazze e ragazzi di Napoli. E poi tanti altri da ogni parte. Alla fine verremo identificati e denunciati pochi più di cento. Ma eravamo molti di più. 

Comincia il primo assalto dei giovani che tentano di scalare la barricata ma che vengono respinti mentre facevano capolino con colpi di spranghe lunghe: erano le aste di alcune bandiere  che prima non sventolano fuori e poi con lancio di oggetti contundenti.

Sono forse le 12 circa quando si ritirano dalla barricata e danno luogo ad una fitta sassaiola che in breve crea i primi feriti tra cui Nino che viene colpito alla tempia destra con perdita di sangue zampillante. Organizziamo una tempestiva reazione con lancio di ogni tipo di oggetto che reperiamo negli ampi spazi della facoltà sino ad esaurire ogni risorsa anche quella riciclata. Vi erano due ragazze napoletane che erano veramente agguerrite. Erano armate di fionde ed avevano conquistato una posizione che consentiva loro il lancio di biglie sulla massa degli aggressori  che riportavano lesioni serie. 

Era difficile muoversi nello spazio antistante la barricata terreno di battaglia per il lancio di oggetti senza incrociare un meteorite nemico che sfreccia ad altezza di uomo. Il clima di violenza, il sangue, la consapevolezza che non avevi scampo se non ti difendevi ti faceva diventare  incurante del pericolo.

Avevamo esaurito tutti gli oggetti utilizzabili e svuotiamo una grande armadio a parete fatto di piccolo cassetti che lanciamo all’esterno, infine qualcuno suggerisce di rompere le ampie vetrate interne ed utilizzare scaglie di vetro da lanciare sulla folla.

Altri invece raggiungono il lastrico solare portando con se scrivanie e sedie recuperate in ogni dove ed organizzano una fitta pioggia di oggetti pesanti che colpiranno malcapitati, tra cui Scalzone, che riporterà lesioni permanenti ed invalidanti. 

Dopo quasi due ore di duri scontri si registra una tregua. Gli avversari comprendono che devono assediare la facoltà e tentare di sfondare attaccando anche da altro fronte. Erano quasi pronti a sferrare un attacco da un ingresso laterale quando irrompono i celulari della polizia e mentre fuori vi è un fuggi fuggi generale alcuni agenti smontano la barricata ed entrano all’interno della facoltà. Alcuni riescono a dileguarsi altri stanno al loro posto al grido di Italia, Italia. Avevamo la sensazione di essere stati salvati in extremis e li consideriamo innocui amici. Così non è stato. Avevano tanta rabbia mista a paura dopo Valle Giulia che non hanno esitato a elargire sonore manganellate anche a quanti erano inermi con dose più rincarata a quanti avevano tentato la via di fuga.

Veniamo così fermati e collocati in piccoli gruppi in diverse stanze che venivano presidiate da alcuni carabinieri in divisa.

Passeranno poche ore e veniamo tradotti sui cellulari che ci porteranno alla vicina Questura dove saremo identificati e denunciati.

Solo a tarda ora verremo rilasciati.