1980

LA FINE DELL'IMPEGNO IDEOLOGICO

Le tappe della storia di un gruppo

In Sintesi

Le vicende che hanno caratterizzato l’operato del gruppo ci raccontano di una realtà operativa che non si è mai integrata nel sistema di potere dominante cittadino. Il gruppo ha mantenuto la sua identità e si è espanso fino a diventare il nuovo partito e, nel rapporto con il governo della città, ha assunto, prima, il ruolo di coscienza critica delle maggioranze e, poi, il ruolo di opposizione e di protesta. Da queste posizioni politiche ha conquistato consenso e ruoli regionali e nazionali.

Un percorso costruito sul confronto costante tra tutte le forze di base, sul rapporto quotidiano con la gente, attività che produceva pensiero ed azione politica e che è stata premiata dai risultati elettorali. Il gruppo è stato fermato dall’azione giudiziaria del 1993 non certamente da fatti politici.

La decapitazione del leader del gruppo, il suo riflusso nel privato, ha determinato di fatto lo scioglimento del gruppo storico dei fuoriusciti. Ielacqua continuerà a fare l’assessore regionale sino alla scadenza del mandato, Carlo Colella seguirà le vicende del PSDI, locali e nazionali. Durante la prima giunta di Italo Falcomatà il PSDI sarà presente con un assessore, Domenico Tortorella con delega all’urbanistica, e dopo le elezioni del 1997 avrà nella seconda Giunta l’assessore esterno nella persona di Sergio Giordano con delega alle finanze. Colella sarà candidato al Senato nelle liste del PDS nel collegio di Reggio Calabria nel  2006 sarà candidato nella lista del PSDI assieme a Tursi Prato alla camera dei deputati. Rogolino con il suo sindacato tornerà in Alleanza Nazionale, Tortorella consigliere comunale ed assessore della giunta Falcomatà sino alla fine del mandato, successivamente sarà candidato nelle liste di Rinnovamento Italiano nel 1997 e non risulterà eletto. 

L’attività principale dell'avvocato Paolo Romeo dal 1994 al 2004 sarà quella di imputato. 

Per lunghi dieci anni dovrà preparare atti e documenti per offrire ai vari organi giudiziari la sua autentica versione dei fatti. Tribunale della Libertà, Cassazione, sei anni per 104 udienze dibattimentali in un processo con un solo imputato, poi l’Appello ed infine la Cassazione.

Secondaria diventa l’attività di avvocato che comunque esercitava nello studio di via Diana, costituendo tale attività l’unica fonte di sostentamento economico atteso che non percepivo alcuna indennità per l’attività svolta di Consigliere Regionale (Non avevo maturato i 24 mesi di attività richiesti) né quella di parlamentare alla quale avevo espressamente rinunciato alla fine del mandato.

La posizione di imputato eccellente nel processo Olimpia lo aveva di fatto reso impraticabile nell'esercizio dell’attività politica. Certo era un uomo libero, esercitava la libera professione di avvocato frequentando quotidianamente le aule di Tribunale, nella considerazione pubblica era un perseguitato ed un malcapitato certamente non un delinquente. Non gli era stato impedito di pensare, e le misure di prevenzione richieste non erano state accolte né venivano appellate dal richiedente.

Nelle ore libere conversava e scambia opinioni con tutti. Ero fuori da ogni schieramento partitico e politico. Non aveva più interessi personali o di gruppo da coltivare in politica. 


La storia – I fatti

La vicenda che determinerà la fuoriuscita dal MSI del gruppo facente capo a Carlo Colella e Paolo Romeo nel 1980, ovvero della componente interna al MSI, Spazio Nuovo, viene ricostruita dalla stampa dell’epoca.

Durante la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale di Reggio Calabria, a sostegno dei candidati nella lista del MSI, appartenenti alla corrente “Spazio Nuovo”, parteciperà l’on. Pino Rauti che l’1 giugno 1980, come riporta la Gazzetta del Sud: “Domani comizio – Fissato per domani sera alle ore 20 in Piazza Italia, il comizio dell’onorevole Pino Rauti della direzione Nazionale del MSI - DN. L’oratore sarà introdotto dal Dott. Carlo Colella e dall’Avv. Paolo Romeo.”

Il 12 giugno 1980 si svolgono le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale e provinciale di Reggio Calabria. Per il MSI risulteranno eletti Franco Francesco (4.485), Dieni Antonio (2.146), Romeo Paolo (2088)  e Aloi Domenico (1.855) mentre nel collegio provinciale Reggio Centro risulterà eletto Carlo Colella.

Dopo la proclamazione degli eletti, prima della convocazione dei consigli, la Gazzetta del Sud il 29 agosto del 1980: “Presa di posizione di due consiglieri missini - Netta presa di posizione di due esponenti del MSI - DN, il consigliere provinciale dott. Carlo Colella ed il consigliere comunale Avv. Paolo Romeo, i quali hanno deciso di non partecipare alle riunioni dei due consigli. Motivi: chiedono di conoscere l’orientamento della Federazione provinciale del loro partito in merito alle doppie cariche elettive e al conseguente obbligo, sancito dall’art. 78 dello statuto, di dimettersi da una delle due cariche da parte degli interessati. A questo proposito, Colella e Romeo, hanno anche sollecitato una riunione della direzione provinciale, per avere una risoluzione politica sul problema, ritenendo, tra l’altro, che qualsiasi decisione fosse opportuna adottarla prima dell’insediamento dei consigli provinciali e comunali.

I due esponenti missini sostengono che a distanza di tre mesi dalle elezioni nulla di positivo è intervenuto a proposito, nonostante un preciso deliberato della Direzione Nazionale, che sancisce la rigorosa osservanza della norma che prevede appunto le dimissioni da una della due cariche elettive, quando si viene eletti in entrambe. Colella e Romeo stigmatizzano il comportamento della Federazione reggina.

Dopo due mesi circa, il 15 ottobre del 1980, lo stesso quotidiano: “ Polemiche nel MSI - Sul fronte degli altri partiti, si registra una polemica anche nel MSI - DN. Un gruppo di iscritti e dirigenti si è riunito per esaminare il problema delle doppie cariche elettive in relazione alla posizione assunta dai consiglieri Paolo Romeo e Carlo Colella.

Dopo un ampio dibattito è stato approvato un documento con il quale, premesso che la politica dei doppi incarichi nuoce agli interessi generali del partito e ritenuto che non vi siano motivi per differire la soluzione del problema viene sollecitata la federazione provinciale ad assumere, entro la prossima riunione dei consigli provinciali e comunale una posizione chiara in ordine al problema delle opzioni.

Il riferimento di Colella e Romeo, è per il senatore Ciccio Franco, per il consigliere regionale Renato Meduri e per il consigliere Domenico Aloi eletti contemporaneamente al Comune Capoluogo ed alla Provincia. In caso di opzione di tutti e tre subentrerebbero nell’ordine i primi tre dei non eletti e cioè: Ielacqua, Cutuli e Lania; nel caso invece Aloi dovesse optare per il comune capoluogo, in consiglio provinciale gli subentrerebbe il Dott. De Leo di Bagnara. 

Seguono analoghe prese di posizioni da parte di eletti del MSI in altri consessi a sostegno della presa di posizione di Colella e Romeo. Gazzetta del Sud il 18 ottobre del 1980: “Polemiche nel MSI - Sul piano politico, si registra la presa di posizione dei consiglieri del MSI - DN della V Circoscrizione, Oscar Ielacqua e Vincenzo Rogolino, i quali hanno deciso di non partecipare alla prima riunione di consiglio circoscrizionale in segno di protesta per la mancata soluzione del problema delle doppie cariche elettive da parte degli organi provinciali e nazionale del MSI - DN.

Con questa decisione i due consiglieri hanno inteso aderire all’iniziativa intrapresa dal consigliere comunale Avv. Paolo Romeo e dal consigliere provinciale Dott. Carlo Colella, entrambi missini, volta a ottenere le dimissioni dal consiglio comunale del Sen. Ciccio Franco, del consigliere regionale Renato Meduri e del consigliere provinciale Domenico Aloi.

Il differimento di ogni soluzione del problema – si legge in una nota – porterà i due consiglieri a proclamare la propria autonomia all’interno del consiglio circoscrizionale già alla prossima seduta.

Il 30 ottobre 1980 la Gazzetta del Sud: “Colella e Romeo espulsi dal MSI - La polemica sui doppi incarichi – Colella e Romeo espulsi dal MSI – Espulsi dal MSI due esponenti di punta del partito. Si tratta del consigliere provinciale dott. Carlo Colella e del consigliere comunale avvocato Paolo Romeo.

La decisione – informa una nota stampa – è stata adottata dal segretario nazionale del partito On.le Giorgio Almirante a seguito delle dichiarazioni fatte in seno al consiglio provinciale dal dott. Carlo Colella il quale ha parlato anche a nome di Romeo, Colella, in sostanza, ha dichiarato di non aderire al gruppo consiliare del MSI, pur essendo dirigente di partito ed eletto nelle file del MSI, e quindi di svolgere la sua attività di consigliere come indipendente.

All’iniziativa di Colella e Romeo di dissociazione dal MSI, avrebbe dato loro adesione alcuni consiglieri comunali della provincia.

Almirante ha deciso di dichiarare decaduti dagli iscritti Colella e Romeo ai sensi degli art. 4 e 5 dello statuto riservandosi analogo provvedimento nei confronti di chiunque altro iscritto al MSI avesse seguito o seguisse tali iniziative.

Le polemiche all’interno del MSI – come si ricorderà – si sono accentuate all’indomani delle consultazioni elettorali scorse. Il gruppo Colella - Romeo aveva chiesto le dimissioni dai consessi elettivi di quanti hanno doppi incarichi in seno al consiglio provinciale e comunale, per far posto ai primi dei non eletti e quindi di responsabilizzare più gente. Il consigliere comunale del MSI - DN Dott. Santo Dattola, ha inviato al segretario nazionale del partito On.le Giorgio Almirante e al segretario provinciale Meduri, la seguente lettera: Il sottoscritto dott. Santo Dattola, consigliere comunale di Melito Porto Salvo, preso atto dei provvedimenti adottati nei confronti dei consiglieri reggini Avv. Paolo Romeo e Dott. Carlo Colella, i quali intendevano protestare per la mancata soluzione del problema delle doppie cariche elettive, nell’esprimere la propria solidarietà ai due consiglieri, vittime del predetto anacronistico provvedimento disciplinare, dichiara di assumere la posizione di consigliere indipendente all’interno del consiglio comunale di Melito Porto Salvo in segno di vibrata protesta per l’assurdo provvedimento.”

Seguirà la nota della federazione provinciale del MSI riportata in data 20 novembre 1980 dal quotidiano locale: “ Nota del MSI - La situazione politica di Reggio e provincia è stata esaminata dalla direzione del MSI, presente il segretario Renato Meduri ed i capigruppo al Comune, Sen. Ciccio Franco, ed alla provincia Fortunato Aloi. Nel corso della riunione sono state evidenziate le gravissime responsabilità dei partiti dell’Arco costituzionale, i quali – si legge nella nota – hanno fatto perdere ben cinque mesi alla Calabria. 

Meduri ha anche esaminato la situazione interna del partito. “Qualcuno – ha detto – ha tentato di metterci in crisi ed in questo tentativo certamente non sono estranei interessi legati ai partiti di regime.  Ed ha aggiunto “ I consiglieri Paolo Romeo e Carlo Colella pur consapevoli, nella loro qualità di componenti il Comitato Centrale, della delibera, che la direzione nazionale in tutte le sue componenti, aveva espresso di differire la questione delle opposizioni ad una fase successiva alla formazione delle varie giunte amministrative, hanno assunto una posizione strumentale e ribellistica, sconfessata non solo dalla maggioranza del partito, ma anche e soprattutto dall’On.le Rauti, alla cui opposizione nel partito essi si richiamavano.

La decadenza dal partito è stata richiesta – ha aggiunto Meduri – anche dallo stesso Rauti, così come è avvenuto per i consiglieri Ielacqua e Rogolino. Nessun dirigente o iscritto al partito ha avallato la posizione di indipendenza proclamata dai suddetti signori. Il consigliere di Melito, Dattola, era stato sospeso dal partito per i servigi prestati alla Democrazia Cristiana. Quanto a Franzè ed a Siciliano, di Laureana di Borrello, erano stati espulsi da oltre otto mesi proprio perché, dichiarandosi a suo tempo indipendenti, anche in quel centro si erano messi a disposizione della Democrazia Cristiana.”


Chi poneva questioni di rispetto delle regole lo faceva con lo stato d’animo di chi avesse titoli per pretenderlo. 

Chi non accettava il dialogo e la discussione negli organi preposti forse giudicava irriguardosa e irriverente la richiesta. 

Ma in sostanza si richiamava il rispetto di una norma statutaria e si sollecita una riunione della direzione provinciale per deliberare sul punto.

Al silenzio di una maggioranza incurante del problema posto, la minoranza si riunisce e stende un documento che trasmette ai competenti organi ed alla stampa. 

A fronte dell’atteggiamento di indifferenza della maggioranza il gruppo comunica che sino a quando non sarà regolarizzata la procedura delle opzioni i consiglieri di minoranza non aderiranno alla costituzione dei gruppi consiliari del MSI. 

Trascorre altro tempo e non viene convocata la direzione provinciale del partito per discutere e deliberare sulle opzioni. Allorquando, nel corso della prima riunione del Consiglio Provinciale, Carlo Colella dichiarerà la non adesione al gruppo consiliare del MSI, spiegandone le ragioni, scatterà il provvedimento di decadenza da iscritto al partito che coinvolgerà anche coloro che avevano pensato di farlo.


La contrapposizione correntizia interna al MSI

Il contesto storico – Gli anni di piombo, gli opposti estremisti – Fuori dall’arco costituzionale.


La dialettica interna al MSI reggino si articolava attraverso le componenti che si organizzavano alla vigilia di ogni congresso e si confrontavano sulla base di distinte mozioni. Si determinava così una maggioranza che assumeva la responsabilità di dirigere la linea politica e le attività di partito ed una minoranza che sul territorio si proponeva attraverso iniziative mirate a farla crescere nella considerazione degli iscritti e della opinione pubblica.

Al di là degli elementi di natura strategica e politica che differenziano gli schieramenti reggini ciò che li connota era la loro provenienza. Da una parte i vecchi dirigenti che avevano gestito il consenso dei boia chi molla e che, nel 1972, avevano candidato “gli eroi” della rivolta per ottenere i quozienti che li hanno portati in Parlamento e dall’altra il vecchio gruppo dirigente delle organizzazioni giovanili che aveva voglia di proporsi come alternativa al regime con l’obiettivo di conquistare coscienze più che voti.

Non a caso alla vigilia delle elezioni del 1972 si determinò una contrapposizione tra quanti, i gruppi giovanili in testa, sostenevano l'opportunità di candidarsi al Senato, nel collegio reggino l’avv. William D’Alessandro, già candidato nel 1968, e Ciccio Franco alla Camera. 

Il contrasto non era soltanto legato ad un interesse elettorale (Franco candidato alla Camera avrebbe fatto lievitare i quozienti da assegnare al MSI nella circoscrizione elettorale Calabria e comunque era uno tra i tre o quattro deputati mentre il quoziente al Senato il MSI lo avrebbe comunque conseguito anche senza il capo dei Boia chi molla) ma sottende una questione di non poco conto. Si trattava di affermare il primato della Politica e del Partito. Una cosa era ospitare tra le proprie liste i rappresentanti della Rivolta altro è consegnare al capo dei Boia chi Molla la rappresentanza della città. Non era cosa di poco conto per come gli eventi politici successivi hanno dimostrato. Forse la ragione di tale insensata scelta andava ricercata in una banale questione di prestigio del deputato uscente, (On.le Nino Tripodi) autorevole esponente nazionale del partito, che sicuramente non avrebbe ottenuto il primo quoziente. Peraltro la giustificazione addotta secondo cui non appariva opportuno proporre il capo dei rivoltosi di Reggio agli elettori della intera regione Calabria oltre ad essere infondata sottende un interessato calcolo elettorale a discapito di un rigore politico da parte di un partito anti regime.

Il congresso nazionale del MSI dell’anno 1977 registra l'adesione di Colella e Romeo alla mozione “Linea Futura” facente capo all’on. Pino Rauti. La mozione consegue poco meno di un quarto dei voti congressuali ed acquisirà una proporzionale presenza nel Comitato Centrale e nella Direzione Nazionale.  Alla componente reggina di “Linea Futura” verranno attribuite due posizioni in Comitato Centrale (Carlo Colella e Paolo Romeo). Il Comitato Centrale elegge Paolo Romeo membro della Direzione Nazionale. 

Nel successivo congresso nazionale tenutosi a Napoli nell’ottobre del 1979 la componente di Pino Rauti partecipa con la mozione “Spazio Nuovo” e consegue il 23% circa. La componente reggina della corrente avrà nel Comitato Centrale Carlo Colella e Paolo Romeo

Sono anni in cui si registrano attività politiche e culturali da parte del gruppo di minoranza. Tra le più significative la apertura di una libreria, denominata A7, sulla via Giudecca accanto al Tempio della Vittoria. Venivano posti in vendita  i libri delle case editrici di destra che non si trovavano nelle altre librerie. Vi era un ampio salone attrezzato per la consultazione e/o lettura dei libri e dove venivano organizzati, riunioni, dibattiti e convegni. 


In quegli anni la tesi dell’alternativa, come veniva proposta dal MSI, aveva conosciuto una svolta. Dai documenti congressuali si legge: “Un movimento politico come il nostro, che ha scelto – lealmente e francamente – di lottare nel sistema, che diritto ha di porsi come alternativa al sistema. Noi sosteniamo che si può, e si deve, lottare dentro il sistema per sostituire e superare il Sistema; senza rinunciare al diritto nostro alle nostre idee: da realizzarsi nella legalità, adoperando i normali strumenti della lotta politica.”

Si trattava di precisare, soprattutto alle frange dell’estrema destra, che il MSI lottava nel sistema contro il regime, dove albergava la politica clientelare, la corruzione ed il malcostume come strumenti per mantenere il potere. Eravamo fieri oppositori di quel modo di intendere l’impegno pubblico e la politica.

Volgeva alla fine del 1979 la stagione degli anni di piombo culminata con l'uccisione di Aldo Moro e della sua scorta il 16 marzo del 1978. Erano anche gli anni in cui sul piano politico veniva alimentata la strategia degli opposti estremismi. Erano gli anni in cui la dialettica del potere partitico si sviluppava tra partiti dell’arco costituzionale e partiti collocati fuori da quell’insieme. Il MSI che con la sua pattuglia di parlamentari dal dopoguerra aveva partecipato alla vita democratica, assumendo in alcune fasi della sua storia ruoli di sostegno alle strategie di una parte della DC, in quegli anni veniva collocato fuori dall’arco costituzionale, era inagibile per alleanze di governo.

In questo particolare contesto storico la destra reggina faceva storia a sé. Per il ruolo che aveva esercitato nel periodo della rivolta di Reggio era sovradimensionata, rispetto al peso politico nazionale che la accreditano a poco più del 5% dei consensi. 

Dopo i moti di Reggio, alle elezioni politiche del 1972, il MSI otterrà in Calabria due senatori e tre deputati, tutti della provincia di Reggio Calabria, (Franco Francesco, Dinaro Carmelo, Tripodi  Antonino, Valenzise Raffaele, Aloi Fortunato) e nel comune capoluogo alle elezioni amministrative del 1975 passerà da tre a otto consiglieri comunali (Franco, Tripodi, Valenzise, Romeo, Meduri, Aloi, Aguglia, Dieni). Alle successive elezioni amministrative del 1980 la pattuglia del MSI al comune capoluogo si riduce a cinque consiglieri (Franco, Dieni, Romeo, Meduri, Aloi). 

La rivolta di Reggio e gli sviluppi politici ed elettorali successivi incideranno profondamente nella determinazione della classe dirigente del partito e dei rappresentanti missini nelle istituzioni. Vi è la storia del partito ante “moti” e la classe dirigente che la esprimeva ed accanto quanti vecchi e nuovi erano gli interpreti dei rivoltosi. Non si può dire che Tripodi e Valenzise siano il portato della rivolta mentre tanto si può affermare di Franco, Aloi, Dieni e Calafiore


La vicenda Freda

E’ anche in quegli anni che irrompe sulla scena locale una vicenda giudiziaria legata alla fuga di Franco Freda da Catanzaro. Eclissato, nel settembre 1978, trascorre un periodo a Reggio Calabria prima di trasferirsi in Costa Rica dove verrà arrestato e tradotto in Italia. Scattano così i primi avvisi di garanzia per quanti erano sospettati di avere favorito l’espatrio del Freda. 

I primi di gennaio del 1980 viene emesso provvedimento custodiale nei confronti dell’avv. Paolo Romeo, consigliere comunale di Reggio Calabria e dirigente nazionale di quel partito leader della minoranza. 

Si registrerà una solidarietà pubblica con l’affissione in città di un manifesto sottoscritto dai consiglieri comunali e provinciali del MSI, dagli esponenti del gruppo di minoranza e da professionisti della città simpatizzanti di destra. Mancava la maggioranza del partito che restava alla finestra a guardare.

Romeo verrà rimesso in libertà il 21 aprile dello stesso anno. 

I partiti erano già al lavoro per la formazione delle liste regionali, provinciali e comunali.  Entro il mese di aprile dovevano essere presentate le liste per le elezioni che si svolgeranno l’8 ed il 9 giugno di quell’anno. Romeo accetterà le sollecitazioni per la candidatura al comune dove consegue un lusinghiero risultato pur non avendo svolto una campagna elettorale.

L’aiuto a Franco Freda fu soltanto un atto di solidarietà verso un camerata che veniva ritenuto perseguitato ed innocente che si consumò con la partecipazione di un gruppo di militanti il MSI.

Pagammo dignitosamente il prezzo di quella disponibilità Paolo Romeo e Mario Vernaci

Rientrava il tutto nella logica della lotta al regime e nel dovere di essere accanto, costi quel che costi, al camerata perseguitato dalle forze nemiche. La logica dello scontro politico negli anni di piombo era una logica di guerra, spesso non avevi avversari ma nemici. Questo valeva a destra ed a sinistra e sul finire degli anni ’70 in una strategia di stemperamento e di distensione dello sconto le organizzazioni di destra e di sinistra favorivano il recupero di un clima nuovo.


Il tempo delle ideologie 

La contrapposizione politica, vigente la legge elettorale proporzionale, vedeva come protagonisti principali i partiti portatori di ideologie da cui promanano i programmi politici ed il modo di concepire la società ed il suo sviluppo. L’agire politico era orientato dai valori, dai principi di cui ogni parte politica era animata con le sue canzoni e le sue bandiere al vento. 

Il confronto, l’incontro e lo scontro, era a tutto campo: nelle realtà comunali con gli iscritti alle singole sezioni di ciascun partito, ai vari livelli istituzionali e politici avveniva su questo piano, a questo livello.  

Vi erano gli iscritti, i militanti e la classe dirigente. 

Vi erano i luoghi, gli spazi della discussione, dello studio e del confronto.

Quel sistema politico era di fatto bipolare. Vi erano le forze ed i partiti di governo e le opposizioni di destra e di sinistra. 

La storia ed il ruolo dei partiti di opposizione li rendeva diversi dai partiti di governo. 

Da una parte vi erano i detentori del potere e del governo e dall’altra gli oppositori che si proponevano come alternativi. 

Rispetto agli appuntamenti elettorali i partiti di governo mobilitarono la loro base ideologizzata ed in più i portatori degli interessi che governavano.    Tenuto conto del fatto che per oltre 40 anni il sistema politico ed elettorale non prevedeva l’alternanza tra le forze politiche chi governava godeva di una rendita di posizione derivante dalla tutela di quegli interessi riconducibili ai qualunquisti.

Chi era all’opposizione mobilitava iscritti e simpatizzanti lottando per non farsi sottrarre dalle sirene del potere potenziali elettori.

Il PCI ed il MSI prima di ogni competizione elettorale, pur in mancanza degli attuali sondaggi, sapevano approssimativamente il risultato che avrebbero riportato e riuscivano anche a determinare i candidati da fare eleggere. 


Fuori dal tempio. Senza più sacerdoti

Le sedi dei partiti di opposizione erano dei veri e propri templi, con i loro miti, le loro bandiere, i loro slogan, luoghi sacri dove fedeli e sacerdoti consumavano le loro cerimonie e lavoravano per fare proseliti. Il vero centro di potere era il Partito che governava ed orientava le organizzazioni collaterali nel modo giovanile e del lavoro. 

Le sedi dei partiti di governo erano altro. Erano affollate e vivaci nei momenti elettorali; la dialettica interna aveva ad oggetto temi e argomenti tipici delle problematiche legate al governo della cosa pubblica e degli interessi sottostanti. Erano crocevia di amministratori ed aspiranti, di imprenditori, faccendieri e questuanti.

Uscire dal partito di appartenenza era drammatico. Non eri più sacerdote e/o fedele, eri fuori dal recinto, eri un ex che doveva analizzare il passato ed i compagni di viaggio. 

Una separazione dolorosa comunque perché, nel migliore dei casi, dovrai riconoscere errori tuoi o del tuo ambiente. Costituiva una rottura, un distacco da un mondo e da un sistema di relazioni intenso, era la fine di una passione il cui sbocco era il riflusso nel privato per dedicarsi interamente alla famiglia ed all’esercizio della professione. 


Il sentimento del tradimento

Ci sentivamo traditi. 

La cultura di destra viveva come disvalore il tradimento. La narrazione degli eventi storici passati e recenti aveva come semplicistica chiave di lettura l’esistenza di un eterno conflitto tra traditori e traditi.   

Non potevamo essere contro i vizi del regime, interessato al mantenimento del potere, e poi praticare gli stessi vizietti nella vita interna del partito. 

Volere mantenere il doppio incarico sottende una concezione nell’esercizio del potere finalizzato alla tutela di interessi particolari, un meccanismo simile a quello praticato dal regime che di predicava di voler combattere.

Il provvedimento di decadenza viene sollecitato dai diretti interessati al Segretario del Partito che asseconda colpevolmente e per calcolo la richiesta.


La sfida

Poi la dichiarazione pubblica, seguita alla decadenza da iscritti al partito, un anatema, secondo cui mai prima di allora quanti erano fuoriusciti dal partito avevano avuto un avvenire politico. Una dichiarazione di morte politica, un monito agli insubordinati dopo il benservito. 

L’errore di valutazione è che non si trattava di una scelta personale di un dirigente ma era la posizione politica di un gruppo, che nella provincia di Reggio rappresentava una corrente di minoranza, ed infierire spavaldamente sul gruppo per decretarne la loro fine politica significava lanciare una sfida.

La sfida venne accolta. 

Manteniamo le cariche istituzionali ricoperte costituendo gruppi consiliari indipendenti decidendo di mantenere in vita la pattuglia di dissidenti espulsi e proseguire la battaglia politica, da autonomi, nelle istituzioni e nella società. 

Il sostegno per proseguire ci veniva dalla moltitudine di iscritti e simpatizzanti che non condividevano il provvedimento e che ci avevano gratificato nelle recenti consultazioni elettorali di una grande messe di voti soprattutto in città.

Con quel gruppo, fuoriesce dal partito un pezzo dei protagonisti della storia del mondo giovanile reggino.


L’impegno sociale da indipendenti

Operare come gruppo, fuori dal tempio, comportava la ricerca di una nuova identità. 

Per dare un senso all’impegno occorreva porsi obiettivi, scegliere il campo di lotta e munirsi dei mezzi necessari per fare registrare la presenza operativa. 

La nostra voce viene diffusa da un giornale locale, il nostro impegno viene rivolto al sociale che diventerà un nostro campo di battaglia con la promozione di aggreganti iniziative.  

Viene in quegli anni promossa la costituzione di una cooperativa sociale che raccoglierà circa duecento soci fondatori che organizzeranno il servizio domiciliare agli anziani. L’organo direttivo risultava composto da medici e psicologi: Franco Campolo, presidente; Gaetano Rizzo, vice presidente; Giovanni Tornatora, Gaetano Foti e Adele Chisari consiglieri. Verranno organizzate dalla cooperativa iniziative a favore della terza età come soggiorni estivi e nei periodi natalizi. La gazzetta del sud  del 3 settembre del 1983 darà conto con un articolo dal titolo Anziani in vacanza sull’altura di Gallina. … “Nei giorni scorsi, la struttura è stata visitata da una nutrita rappresentanza dell’amministrazione comunale e da alcuni esponenti del mondo politico. Erano presente il vice sindaco Leo Pangallo, gli assessori Giuseppe Falzea e Franco Azzarà, il consigliere Antonio Dieni, l’avvocato Paolo Romeo, il dott. Carlo Colella, consigliere provinciale e il presidente della XIV Circoscrizione Michele Imperio.”

Verrà costituito anche un Circolo sportivo. Un articolo del 23 dicembre del 1983 apparso sulla Gazzetta del Sud dal titolo: “Capodanno a mare organizzato dal circolo Velico” da conto delle attività sportive e sociali e degli organi direttivi dello stesso. … ”Posta in evidenza durante la relazione la situazione patrimoniale e dei beni del Circolo che, dopo due anni di vita, ha un parco barche di otto Optimist, due Europa e un 420. Gli organi direttivi per il prossimo triennio risultano così composti: dott. Carlo Colella, presidente; dott. Domenico Caputi, vice presidente; Alfredo Nicolò, tesoriere; Claudio Vadalà, segretario; Francesco Bagnato, direttore sportivo; avv. Paolo Romeo ed Antonio Pennestrì, consiglieri. Collegio dei revisori dei conti: dott. Francesco de Gaetano; Bruno Laganà e Carmelo Durante. Collegio Probiviri: ing. Giuseppe Canale; dott. Rocco Zoccali; dott. Domenico Leone; dott. Enzo Rogolino e dott. Oscar Ielacqua.” 

Enzo Rogolino è il presidente di un sindacato di ferrovieri, Carlo Colella presidente dell’associazione dei medici specialisti e da oltre vent’anni consigliere dell’Ordine dei Medici di Reggio Calabria, Oscar Ielacqua, titolare di un laboratorio di analisi è anch’egli presidente regionale della associazione di categoria, Tortorella Mimmo, titolare di uno studio dentistico, è presidente dell’associazione odontoiatrica e così tutti gli altri.

Diventiamo un soggetto aggregante che agisce nel tessuto sociale cittadino. 

Il pronostico della morte del gruppo fuoriuscito era sbagliato. Eravamo vivi e vegeti con progetti e programmi, con una grande voglia di essere autentici interpreti dei bisogni della nostra comunità. 

Certo avevamo dovuto ridimensionare i nostri desideri, le nostre vecchie aspirazioni ma non certamente il nostro carattere, la nostra voglia di spendersi per gli altri. 

Ci eravamo rassegnati prendendo consapevolezza che il confronto politico su base ideologica non aveva più sufficienti militanti e credenti per portare avanti battaglie di alternativa che richiedevano anche il respiro di più generazioni. 

A ben considerare quelle scelte, alla luce degli sviluppi politici e culturali del successivo decennio, appaiono sintomatiche della crisi e del tramonto delle ideologie politiche, considerate come vere o proprie religioni umaniste. 

Le grandi ideologie dell'ottocento e del novecento erano palesemente
politiche. La loro pretesa era quella di invadere la vita dei cittadini e di costituire il loro polo di attrazione dominante. In passato un militante era caratterizzato come uomo dal suo credo politico. Certamente aveva la sua vita privata, ma questa era irrilevante sul piano dell'etica pubblica. 

Oggi ci qualifichiamo per il nostro credo culturale. 

Questa trasformazione dell'ideologia da politica in culturale ha effetti rilevanti sulla sua configurazione specifica.

Le ideologie culturali riguardano ovviamente gruppi sociali, cioè individui che condividono la stessa cultura di fondo, che non si identifica affatto con la cultura politica.

Si registrerà, negli anni, una contrapposizione tra pensiero ideologico e pragmatico, che vedrà prevalente e vittorioso il pragmatismo politico.

Ora alle ideologie politiche si sono sostituite quelle culturali e la politica è stata invasa dal puro pragmatismo, teso all'efficienza e alla ricerca del consenso. 

Avevamo anticipato i tempi. 

Lentamente anche il MSI avvierà un percorso di trasformazione sino a diventare forza di governo nel 1994.

 

Predicare bene, razzolare male.

Venivano alla mente brani della mozione di Spazio Nuovo: “La democrazia di adesso, con il partitismo, non è davvero quella dell’Italia della fine dello scorso secolo o dei primi del novecento. Il tempo scorre per tutti, pone problemi nuovi in prospettive nuove, e anche a chi voglia mantenere gli stessi punti di riferimento, le stesse linee di vetta, ad esse guarda proprio in quanto si tratta di riferimenti super storici e meta temporali; di principi la cui determinazione, il cui svolgimento e realizzazione possono verificarsi nel modo più vario, avuto appunto, riguardo alla condizionante, e spesso determinante, congiuntura data dall’intreccio delle strutture esistenti, degli uomini  e delle forze disponibili, della realtà concreta nella quale ci si va a realizzare. 

Ma quello deve essere il nostro obiettivo ultimo, il nostro scopo, il nostro fine, il nostro approdo strategico. Ci dovessimo mettere cento anni, è “lì” che vogliamo arrivare, al punto significativo e qualificante che ci fa sentire, con serietà di propositi e severità di intenti e nel senso più alto e nobile di questa espressione, rivoluzionari.”

Ed era un problema che riguardava, per come la storia successiva ci ha dimostrato, sia la destra che la sinistra che troveranno con modi ed in tempi diversi a rinunciare a proporre un sistema alternativo capace di sostituire il regime responsabile della degenerazione partitocratica.

Noi al di là delle nostre capacità lo avevamo capito che il predicare bene e razzolare male non era soltanto un vizio ma il segnale della inadeguatezza di gruppi politici, portatori di interessi, a cimentarsi in percorsi duri e lunghi.  Forse i mutamenti sociali, incidenti sugli interessi rappresentati dalle forze di opposizione, il progresso tecnologico, la globalizzazione avevano modificato le regole del gioco. Non era più la stagione per sfide rivoluzionarie, andavano perseguiti cambiamenti graduali, era utile scendere e misurarsi sul terreno del riformismo.