LA PARANOIA ISTITUZIONALE

2. La paranoia è un termine che si riferisce a una mente che oltrepassa il campo abituale.

Il codice di procedura penale fu emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 22 settembre 1988 ed entrò finalmente in vigore il 24 ottobre 1989. Con il nuovo codice vengono modificati i ruoli ed il peso esercitato da ciascun organo (Polizia giudiziaria, Pubblico ministero, Giudice istruttore oggi Giudice delle indagini preliminari, magistrato giudicante). Viene potenziato il ruolo del PM, che diventa l’unico titolare della promozione dell’azione penale e ai sensi dell’art. 327 c.p.p. “dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria”.

Qualche anno dopo viene istituita come "Direzione nazionale antimafia" con il decreto legge 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modificazioni dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8, con il compito di coordinare, in ambito nazionale, le indagini relative alla criminalità mafiosa. Dal marzo 1991, data di nascita dei servizi centrali di polizia, al novembre dello stesso anno, verranno attivate le DDA e la DIA

Nel corso dell’intervento introduttivo al Corso della Scuola Superiore della Magistratura, del 20 giugno 2022, il Procuratore Nazionale Antimafia dr. Giovanni Melillo affermava tra l’altro:

“L’architettura normativa delle funzioni del pubblico ministero si arricchiva così di nuovi e pregnanti concetti: la tempestività e la completezza delle investigazioni, l’effettività del coordinamento investigativo e della relativa, eteronoma funzione di garanzia, la funzionalità dell’impiego della polizia giudiziaria, la raccolta, l’analisi e l’elaborazione delle informazioni attinenti alla criminalità organizzata e l’intero complesso degli strumenti di orientamento e alimentazione delle indagini cui fu presto dato il nome di pre-investigazioni. Alle norme del 1991, infatti, si deve l’introduzione nel codice del concetto di banche dati. Un valore, quello delle tecnologie, ancor più decisivo oggi, nel tempo dell’Intelligenza Artificiale, destinato a determinare la trasformazione delle categorie del diritto penale classico, ma anche a divenire strumento formidabile di prevenzione e repressione di condotte criminali del tutto nuove. 

…un terreno, quello attraversato dalle tecnologie impiegate a fini investigativi, tanto delicato, anche per la sorte delle garanzie individuali, quanto cruciale e perciò bisognoso di consapevoli e unitari approcci organizzativi degli uffici del pubblico ministero.

… quelle medesime categorie concettuali - specializzazione, interdisciplinarietà, capacità di governo delle tecnologie e di proiezione internazionale delle indagini conservano tutto il loro fondamentale valore per affrontare le sfide che abbiamo di fronte.”

Una potente macchina da guerra per contrastare il fenomeno criminale che produce in sede giudiziaria elefantiaci procedimenti penali, spesso unificati per dare luogo a maxi processi, che si pretende di celebrare con le regole di un codice di procedura penale centrato sul principio di oralità, immediatezza e contraddittorio. In verità una potente macchina che produce anche parlamentari della Repubblica: da Piero Grasso a Franco Roberti sino a Cafiero de Rhao.

Ciò che preme valutare in questa sede non è tanto la menomazione delle garanzie individuali in tali processi, quanto invece il gigantismo di una parte del processo che produce meccanismi ed atteggiamenti paranoici. 

Un primo dato è che l’Ordine giudiziario, così come concepito dai Padri costituenti, si è nel tempo trasformato in un Potere.

Il prof. Giulio M. Chiodi sostiene che “Non è per nulla paradossale che le istituzioni si possano intendere come forme di razionalizzazione della paranoia derivata dalle immagini persecutorie del potere.” … “il sospetto è una pietra miliare delle istituzioni e delle leggi, nelle quali aleggia sempre una pesante atmosfera di arbitrarietà e insieme di inganno. Arbitrio e inganno vi serpeggiano ovunque e comunque, non già perché si annidino tra i velami dell’ossessivo bisogno di giustificare la propria autorità, che affligge tramite le loro procedure istituzioni e delegificazioni: i problemi di legittimità, per quanto incidenti sulla vita collettiva, rimangono nel complesso pur sempre astrazioni ideologiche. Arbitrio e inganno quivi sottesi innestano incontenibili e reiterate dinamiche del sospetto. 

Prima di tutto è proprio sul sospetto che si regge praticamente il diritto positivo. Le norme della legge si fondano sulla supposizione che i loro precetti siano disattesi dai cittadini. Anzi, il riconoscimento della giuridicità di una norma da altri tipi di norme si fonderebbe addirittura sul presupposto della sua inottemperanza. Del resto, non occorrerebbe nemmeno formulare prescrizioni, se tutti spontaneamente ne seguissero i precetti. La trasgressione si pone alla radice degli ordinamenti, che si erigono sull’assenza di fiducia, cercando tuttavia il consenso da coloro ai quali non la concedono. Che sia un regime di sospetto ad imperare negli ordinamenti ci dice molte cose sulla natura dei rapporti sociali sottoposti ad ordinamenti rigidi. Del resto, si deve osservare che le leggi suppliscono anche alla carenza di un sincero sentimento di solidarietà e di appartenenza, cosicché spesso sono proprio esse a sospingere il cittadino più a raggirarle più che a rispettarle. Per questo verso, le leggi si fanno anche strumento di diseducazione. Il sospetto pone le basi per la configurazione di un immaginario persecutorio. Le sindromi persecutorie, ovviamente, colpiscono tanto il governante che il governato. Il potere che controlla sospetta i controllati e questi sospettano i controllori. Il delirio del potere, che può pervenire al delirio di onnipotenza, ha qui una delle sue fonti principali. In aggiunta al sospetto verso l’altro, il delirio si rafforza, vieppiù, sulla base del sospetto di essere sospettato, dove l’elemento paranoico si fa assolutamente condizionante e innesca il processo pervertitore, per il quale insorge il sospetto di non essere sufficientemente sospettosi. È inevitabile che la soglia del dominio sia comunque popolata dal sospetto. L’ossessione delle legittimazioni, delle trasparenze, delle procedure, delle pubblicità, sono tutti esorcismi del sospetto. 

Scorrendo le pagine del pregevole volume “Paranoia – La follia che fa la storia” di Luigi Zoja, edito da Bollati Boringhieri, si comprenderà come leggi emergenziali di contrasto alla criminalità organizzata, applicate dal “potere giudiziario” hanno creato sezioni penali “speciali” veri e propri apparati pervasi da atteggiamenti paranoici. 

La paranoia è un termine che si riferisce a una mente che oltrepassa il campo abituale.

Il soggetto paranoico, persona fisica o istituzione, è mosso unicamente dal desiderio di confermare ogni proprio sospetto, le sue capacità intellettive, solitamente normali o superiori alla media, non possono essere prese a garanzia di buoni giudizi realistici.

Caino e Aiace sono le metafore mitiche del sospetto.

Il primo esame è rivolto all’Aiace di Sofocle: 15 - L'Aiace di Sofocle si apre su un campo dei greci che assediano Troia … morto Achille, si dovevano assegnare le sue armi al migliore fra i greci. La scelta si restringe subito ad Aiace e Odisseo. La giuria preferisce quest’ultimo, perché è dominata da Agamennone e Menelao, suoi alleati da sempre … 

…. 16 – Aiace è uscito dalla tenda nella notte. Con la spada, per uccidere i tre: Odisseo, Agamennone e Menelao. Non poteva aspettare. La paranoia, infatti, È convinta che tanti siano nemici. Soprattutto, ha un nemico che non è una persona: il tempo. Quando ha concepito la sua idea centrale, la paranoia vorrebbe agire subito. Come non accetta spazi vuoti nel pensiero, così non li accetta nel tempo. Non vuole rinviare. Ma allora, come mai i suoi tre nemici sono vivi e nella strage sono morte le bestie? Atena ha gettato immagini false nella mente di Aiace. Lo ha avvolto, dice, nella rete del delirio e della morte.

Ancora una volta, ha nuociuto ad Aiace d’essere solo. Ma la solitudine alimenta il sospetto, il sospetto accrescere il numero e l’importanza dei nemici. A sua volta, il culto esclusivo della forza mettere in competizione con tutti, che fa crescere l’isolamento. La diffidenza si è autoalimenta, a circuito chiuso.

13 - Aiace sa che il finale è vicino e crede che sarà il suo trionfo. Con forza e coraggio insuperabile, il suo braccio ha compiuto il dovere del guerriero. Ha fatto strage dei nemici. Perché la distruzione dei nemici non dovrebbe essere il suo trionfo? Perché il braccio ha seguito la mente, e la mente a seguito sospetto. Da quel momento l’eroe ha rinunciato ai fatti e alla ragione.

Aiace si nutre di pensieri solitari. Ma il vuoto di persone di interessi è contrario alla natura della psiche, che reagisce riempiendolo. Pian piano le presenze rifiutate nella realtà riappaiono nella mente. Rigettate come realtà, riappaiono come incubi e ossessioni. Diventano diffidenza. E il ritorno vittorioso di quel che si voleva negare. La vita mentale di Aiace e sospetto pronto a esplodere.

15 - …Aiace non sbaglia perché sbaglia, ma perché, cedendo alla paranoia, è dominato da un’unica idea, sorda alla complessità umana.

Altro spunto interessante. 

La storia dello stile paranoico coincide con la storia dell’uomo. Il Signore gradisce le offerte di Abele, non quelle di Caino. Le raffigurazioni dell’episodio mostrano che il fumo delle sue offerte, diversamente da quello di Abele, non sale a Dio. E Caino, invece di interrogarsi, se ha sbagliato qualcosa, si sdegna: trova una responsabilità esterna. Qui, che un’aggressività omicida, sta il suo vero problema. Non dà a se stesso né il tempo né la possibilità di capire. Caino sembra avere intuito, con la convinzione incrollabile di chi apre gli occhi ad una verità rivelata, che il Signore e Abele hanno complottato contro di lui … Il peccato originale di Caino non l’assassinio ì, ma la paranoia. … Il suo stile invidioso viene dal sospetto. La rivelazione dell’accordo tra Dio e Abele diventa motivo per aggredire il fratello. L’uccisione di Abele non avviene in un attimo di collera, ma è pianificata in solitudine ed in punta di piedi. Proprio come solo e in punta di piedi Aiace era uscito dalla tenda per assassinare gli atridi. Caino e Aiace sono le metafore mitiche del sospetto. 

La disparità di forze (Pagine 74-75)

Sempre, nei conflitti umani, la disparità di forze ha incoraggiato un’aggressività lupesca. Come nel lupo della fiaba, così anche nell’inconscio del più forte la decisione di attaccare tende ad essere presa fin dall’inizio. Da quando si diffonde il cristianesimo, però, ed ancor più da quando si comincia a discutere di diritto internazionale, diventa necessario trovare motivi formali per aggredire i più deboli. Questo compito è delegato a un’interpretazione paranoica che autorizzi l’attacco preventivo: nei fatti, essa riceve impulso proprio da quello stato di diritto che dovrebbe prevenirla.

Anche nell’antica fiaba il lupo non dubita mai di potere divorare l’agnello. Deve però pagare un modesto prezzo giustificare, cioè, rendere giusto, il proprio atto. Farà così ricorso al vittimismo, poi alla logica formale, infine alla paranoia: l’unica che, composta di certezze assolute, possa chiudere definitivamente il dialogo. Mi “intorbidisci l’acqua”, dice inizialmente il lupo. “Non è possibile, sto bevendo allo stesso ruscello, ma più a valle di te “. “Però un anno fa hai parlato male di me!” “No, signor lupo: un anno fa non ero ancora nato”. “Se non sei stato tu, è stato sicuramente tuo fratello.” La paranoia lupesca non si limita a caricare torti fantastici sulle spalle dei più deboli: li considera anche crimini originari, trasformando le proprie aggressioni in una conseguenza del male che ha loro attribuito.

La verità rivelata

Ed anche la storia di Cristoforo Colombo che aveva certezza di avere raggiunto l’Asia da occidente. Il dogma era tutto nella vita di Colombo. La sua mentalità dogmatica gli dava una verità rivelata a cui doveva rinunciare per accedere all’evidenza che gli si stava imponendo (le scritture dicevano che i continenti potevano essere solo quelli già noti).

Istituzioni paranoiche

(Pagine 69-70 – Luigi Zoja – Paranoia – La follia che fa la storia)”

“La nascita delle istituzioni democratiche è, paradossalmente, anche la nascita delle istituzioni paranoiche. Quando Atene consegna il comando al popolo, gli assegna anche il potere di ostracismo. Per la prima volta tutti hanno la libertà di esprimersi e di aspirare alle cariche. Ma spunta anche, per tutto il popolo, il compito di pensare e la libertà di diffidare. Chi sospetta che qualcuno possa abusare del potere ha il diritto di mandarlo preventivamente in esilio per dieci anni. A scrutinio segreto si scrivono su cocci (ostraka, da cui ostracismo) i nomi delle persone da bandire. Alla diffidenza si assegna così un ruolo giuridico. Le fantasie su possibili fatti - e non fatti -, le spiegazioni del futuro – e non del presente – ricevono valore legale. Un’istituzione psicologicamente simile sopravviverà in Francia fino alla Rivoluzione. Con la “lettre de cachet" il re può mandare in carcere o in esilio un cittadino senza che un tribunale abbia pronunciato una sentenza o che un’autorità abbia svolto indagini in proposito. Il sospetto che qualcuno diventi nemico è sufficiente per considerarlo nemico. Questa misura preventiva incoraggia continui intrighi di corte per sbarazzarsi degli avversari. 

La genetica

La paranoia può essere la prosecuzione di una funzione animale della nostra mente. Il capricorno si ritira di scatto dalla radura non appena un’ombra attraversa il suo campo visivo. Nove volte su dieci si tratterà di un ramo mosso dal vento, non di un carnivoro. Nell’uomo, tale istinto diventa anche il tentativo di prendere le distanze dal male attribuendolo al nemico. 

I nessi causali costruiti dal paranoico

(Pagina 33)

I nessi causali continuamente costruiti dal paranoico sono, per prima cosa, una giusta risposta a un giusto bisogno di capire. Solo gradualmente perdono la misura si fanno dogmi, verità elargite da quel Dio che sostituiscono. … Da questa prospettiva, la paranoia è anche un residuo irrazionale, e non integrabile, delle rivoluzioni positiviste e psicoanalitiche. Esaltate dal proprio successo, esse hanno voluto vedere e spiegare tutto, anche ciò che non si vede e anche quando spiegare è riduttivo (cioè restringe il senso degli eventi, invece di ampliarlo). Molte rivoluzioni conoscitive hanno funzionato come una droga, da cui si diviene dipendenti. I nostri processi mentali continuano a farne uso. Paranoico è spesso chi eccede nelle spiegazioni causali e non può più farne a meno.

La paranoia vera e propria soffre di un’incorreggibile sproporzione valutativa e interpretativa. Da questa base deformata essa proietta i grovigli emotivi fuori del soggetto.